Il confronto genera conoscenza, libertà e democrazia. L'indifferenza e l'ignoranza generano corruzione e malgoverno. Il dogma e il pregiudizio ideologico generano integralismo e conflitti.

sabato 28 maggio 2011

IN SCOZIA BIBLIOTECHE JUDENREIN


 

Si incomincia sempre dai libri perché il sapere e la memoria delle cose passate rendono gli uomini liberi e pertanto pericolosi per le dittature.
Il primo atto ufficiale nei confronti della circolazione dei libri fu il decreto di Papa Gelasio I verso il V secolo d.c. che conteneva una lista di libri, ripartita tra libri raccomandati e libri proibiti.
Nel IX secolo l’imperatore Costantino passò alle vie di fatto e mandò al rogo i libri Ariani. Mille anni dopo Alessandro Farnese, divenuto Papa col nome di Paolo III (1534-1549) affidò al prelato Giovanni Della Casa (1503-1556), autore tra l’altro del celebre Galateo (1553) il compito di stilare l’Index librorum prohibitorum. Indice aggiornato sino al 1966 quando Paolo VI rinominò il Sant’Uffizio “Congregazione per la Dottrina della Fede” di fatto sospendendo la pubblicazione dell’index ma non il suo scopo.
Tra gli altri nell’ l’Index librorum prohibitorum erano indicati i libri e le opere di Gabriele d’Annunzio, Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Antonio Fogazzaro e, tra i più recenti, Curzio Malaparte e Alberto Moravia oltre a tutti i libri della Massoneria.
Nel 1933 l’Associazione degli studenti Nazisti creò una sezione stampa e propaganda che come prima iniziativa, decise  «la pubblica messa al rogo delle deleterie opere ebraiche» avvenuta nell’aprile del 1933 a Berlino.
Il seguito di questa storia è ben noto.
Ho fatto riferimento a questi episodi per segnalare una notizia che, nonostante la sua importanza, è stata stranamente riportata in Italia solo dal quotidiano il Foglio.
Da: il Foglio del 26 maggio 2011
Come in una sorta di romanzo orwelliano, se da domani uno studente scozzese si recherà nella locale biblioteca pubblica per chiedere i romanzi di Agnon e Appelfeld si vedrebbe rispondere che quei libri sono stati banditi.
E’ successo che un consiglio provinciale in Scozia, il West Dunbartonshire (centomila abitanti), con una semplice ordinanza è diventata la prima regione in Europa a bandire libri israeliani dalle biblioteche pubbliche. Un portavoce del West Dunbartonshire ha spiegato che non verranno fatti sparire “i libri israeliani stampati in Gran Bretagna, ma solo quelli stampati in Israele”. Ha poi ammesso che soltanto lo stato ebraico è stato colpito dal provvedimento, mancando qualunque limitazione per i testi stampati in Iran o Siria. Lo scrittore israeliano Amos Oz parla di decisione “vergognosa”.

“Dove oggi si boicottano libri – ha commentato l’ambasciatore israeliano a Londra, Ron Prosor – in futuro potremmo assistere anche al loro rogo”, richiamando alla memoria il falò di libri ordinato da Joseph Goebbels. Altri hanno ricordato le parole del poeta Heinrich Heine: “Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini”. Circola uno strano veleno antiebraico nelle classi abbienti e pensanti europee. La settimana scorsa il famoso regista Lars von Trier aveva definito Israele “un dito nel culo”.

In questa fase critica per la sopravvivenza d’Israele, sotto minaccia e disagio prenucleare, torna ad agitarsi una vecchia conoscenza dell’Europa. Il disprezzo per gli ebrei. Ne sono espressione queste nuove biblioteche judenrein.

mercoledì 25 maggio 2011

L'IGNORANZA COME STRUMENTO POLITICO

  

La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire.
George Orwell

In provincia le cose sono più soft.
Il qualunquismo piccolo borghese, l'indifferenza e soprattutto la mancanza di senso civico che alimentano le piccole mafie di provincia (io non mi impiccio!) trasformano in normalità scandali, soprusi, corruzioni e atti di quotidiana miseria morale che dovrebbero far inorridire solo a concepirli.
Il partito dell'io non mi impiccio - che non scende mai in piazza se non per le processioni religiose e non  protesta mai neppure quando costruiscono alla chetichella una discarica di rifiuti tossici sotto casa o un inceneritore dietro la scuola elementare - in realtà è ben impicciato in un deprimente commercio di voti scambiati con miseri favoritismi; qualche metro quadrato di marciapiede asfaltato nella contrada, la licenza edilizia per trasformare un deposito attrezzi in miniappartamento, godere di un percorso preferenziale per accorciare i tempi di una visita medica specialistica, ottenere una licenza commerciale dovuta ma scomparsa nei faldoni dell'amministrazione. Se poi il nostro indifferente che non si impiccia ha conglobato qualche manciata di voti per il suo referente politico, girando casa per casa promettendo e trafficando, può aspirare ad un piccolo appalto o a un posto di lavoro per la propria prole che per tutta la vita farà finta di lavorare, felice e soddisfatta, in un'azienda dei trasporti locali o alla ASL.
Mentre scrivo mi vengono in mente decine di episodi che a un reduce metropolitano non passano inosservati, come per esempio quella donna  griffata e addobbata come un albero di natale che a bordo del suo arrogante SUV, rigorosamente nero e con i vetri oscurati, si presenta nei negozi pretendendo nel migliore dei casi sconti che sembrano estorsioni, oppure uscendo a mani piene con una vaga promessa di pagamento. La mancanza di pudore per questo comportamento le giunge dal ruolo di presunto potere del marito che in realtà è un personaggio del sottobosco politico senza arte ne parte e la cui unica capacità è quella di attivare forme di ricatto paragonabili al pizzo, che gli permettono di fare una vita ben al disopra delle righe e soprattutto del suo reddito dichiarato.
Il marito di questa signora ha però un certo stile ed insieme ad un suo degno compare gira sistematicamente i locali - bar, ristoranti, pub - senza neppure porsi il problema di pagare il conto.
Di giorno questi gaglioffi si uniscono a certi  funzionari loro pari che nelle macellerie e nelle pescherie fanno una spesa che con quella proletaria dei centri sociali ha in comune solo il conto non pagato; la differenza è che  il negoziante in questo caso invece di rivolgersi alla polizia sorride obtorto collo, mentre consegna la merce a questi mascalzoni in grisaglia gessata, in cambio di presunti o possibili favori futuri.
Durante le elezioni amministrative qui nella profonda provincia emerge una formidabile capacità organizzativa che, se solo fosse utilizzata in minime percentuali nel corso dell'esercizio amministrativo degli enti locali, trasformerebbe d'incanto intere regioni in un miracolo di efficienza e di benessere diffuso.
Ma invece non è così.
Ascoltavo un comizio per le elezioni amministrative di uno squallido personaggio abilmente sopravvissuto alla deflagrazione della DC che, in un'oratoria clonata dalla macchietta del politico di Albanese, paragonava le capacità della sua corrente politica agli arti muscolosi di un'atleta cresciuti nell'armonia di azioni giuste ed equilibrate. Una similitudine calzante, perché, se proprio si volesse paragonare la sua corrente politica ad una figura antropomorfa i personaggi che la guidano rappresenterebbero la parte finale dello sfintere anale con tutti gli annessi conseguenti.

Il reduce metropolitano scopre così che esistono sin dal dopo guerra (e lui intende la 2a Guerra Mondiale!) solide dinastie di amministratori comunali e provinciali letteralmente incollate alle poltrone ed i cui cognomi nel corso dei decenni sono proliferati in tutte le aree di governo e di controllo o per lo meno all'interno dello smisurato esercito di dipendenti della Pubblica Amministrazione, tanto vasta quanto inefficiente.

Pensare che questo atteggiamento sia una prerogativa solo di alcuni dei numerosi schieramenti politici è come essere convinti che l'uomo è immortale.

Partitini o partitoni dello sgangherato arco costituzionale sono tutti li, pronti a lucidare la forchetta con cui spolpare il comune, la provincia, la regione o inefficienti e costose agenzie per l'energia, l'ambiente, il turismo, il lavoro, l'agricoltura, la salute... agenzie che in realtà servono solo a sminuzzare una torta sempre più rancida.
Questo esercito di non mi impiccio plaude o si incazza se l'AGICOM multa le emittenti televisive che in stile minculpop o kgb  hanno mandato in onda l'inquietante figura impomatata e plasticosa di un leader in vertiginoso declino; ma questo stesso esercito di ignoranti tollera che le emittenti locali durante le elezioni amministrative facciano di peggio perché non impicciarsi è meglio ed un passaggio in TV può sempre tornare utile, se non altro per dire in diretta quattro cazzate sul calcio e farsi così belli al bar o al posto di lavoro.

La macchina delle elezioni, quando finisce la tornata elettorale, tiene in vita al regime minimo emittenti famigliari e parrocchiali che producono telegiornali spazzatura o abominevoli programmi di calcio e che nei giorni di campagna elettorale si sperticano  ad inventare servizi insostenibili, fottendosene non tanto della par condicio ma della totale mancanza di dignità, per giustificare in studio presenze di ras di paese che è difficile capire come abbiano fatto a sedere in Parlamento.
Queste emittenti ricche di lustrini ed ignoranza hanno copiato Sua Emittenza ma solo peggiorando - se mai fosse possibile - ulteriormente la qualità dei programmi ma incapaci di raccogliere sul libero mercato pubblicitario le somme necessarie per la sopravvivenza dell'impresa vivono perché sostenute da ras politici di tutte le dimensioni, da imprenditori della sanità o gestori di discariche, insomma dalla grande consorteria degli amici del quartierino, quella che crisi o non crisi sa sempre far affluire i soldi pubblici nelle proprie tasche.
Ma anche lo Stato ha le sue colpe. La legge sull'editoria nata per sostenere con la scusa della libera informazione inutili fogli di partito, come l'ormai famigerato Il Campanile della famiglia Mastella, alimenta anche le tv locali che producono risibili ed inutili servizi di informazione.
Tanto per fare qualche esempio Libero ma anche il quotidiano Roma dell'onorevole Italo Bocchino ed il quotidiano Liberazione  dell'ormai scomparso Partito della Rifondazione Comunista sono sostenuti e finanziati da tutti noi, così come molti altri quotidiani sconosciuti quanto inutili e la totalità delle emittenti radiotelevisive locali che producono, salvo qualche rara eccezione, pseudo informazione.

Insomma, per essere chiari, quando facendo zapping incappate in qualche brutto telegiornale locale, spesso gestito da clan famigliari, sappiate che gli stipendi di quella famiglia li paghiamo tutti noi.
Con queste premesse quale cambiamento possiamo attenderci?
(Antoine Khan)








venerdì 20 maggio 2011

LA VITA E LA MORTE DI SIAMAK POURZAND

Una mia amica mi ha inviato questo pezzo di cui ignoro il nome dell'Autore ma che ho deciso di pubblicare comunque integralmente. Ogni giorno nel mondo innumerevoli persone vengono uccise da spietati regimi totalitari, altre cercano la libertà con il suicidio; la vita e la morte di Siamak Pourzand dovrebbero farci riflettere, seppure per un attimo, su che cosa è il coraggio e la vita in un paese in cui la religione, animata dall'odio del  fondamentalismo, diventa uno strumento di oppressione.
A.T.

Siamak Pourzand si è suicidato a 80 anni gettandosi dal balcone della sua casa di Teheran.
Siamak Pourzand era uno dei più importanti dissidenti del regime iraniano. Si è suicidato a 80 anni gettandosi dal sesto piano della casa di Teheran in cui viveva agli arresti domiciliari dal 2006. Non aveva mai voluto lasciare l’Iran, nonostante ne avesse avuto più volte l’occasione. La sua storia è lo specchio di quello che è successo a migliaia di famiglie iraniane da quando il regime degli ayatollah ha preso il potere nel 1979.
Prima della rivoluzione khomeinista, Siamak Pourzand faceva il corrispondente per il giornale iraniano Keyahn. Tra le altre cose aveva intervistato il presidente americano Richard Nixon e raccontato il funerale di John F. Kennedy.  A un certo punto era diventato famoso per le recensioni sui film hollywoodiani e aveva iniziato a scrivere di cinema anche per la prestigiosa rivista francese Cahiers du Cinema.

Con l’avvento del regime perse il suo lavoro al giornale e iniziò a scrivere per riviste minori. 
Negli anni Novanta riemerse come parte della nuova opposizione che si era formata negli anni successivi alla morte di Khomeini e alla fine della guerra con l’Iraq. 
I servizi segreti iraniani iniziarono a seguirlo da vicino quando nel 1998 raccontò il funerale dei coniugi Darius e Parvaneh Forouhar, due intellettuali dell’opposizione che erano stati uccisi nel loro appartamento di Teheran. La sua cronaca telefonica fu trasmessa in diretta dalla KRSI, radio iraniana con base a Los Angeles.
Nel 2001 fu catturato dai servizi segreti vicino alla casa di sua sorella, a Teheran. La sua famiglia non ebbe notizie di lui per due settimane, il suo luogo di detenzione rimase sconosciuto per mesi.
Pourzand fu trasferito da un carcere all’altro per almeno un anno, senza avere la possibilità di ricorrere a nessuna forma di protezione legale. 
Fu interrogato e torturato ripetutamente, nonostante avesse già oltre settant’anni. Tentò il suicidio per la prima volta.

Il suo caso fu gestito dal giudice Sabiri Zafarqandi, famoso per la sua intransigenza e assoluta fedeltà al regime. Pourzand fu accusato di avere usato la stampa per congiurare contro il governo, di avere cospirato con i nemici stranieri, di avere collaborato con il vecchio apparato d’intelligence iraniana, di avere abusato di alcol e di avere avuto una relazione extraconiugale con la segretaria del Centro per la Cultura e per le Arti.
Costretto a confessare tutti questi reati, fu condannato a undici anni di carcere e 74 frustate. Ebbe un primo infarto in carcere nel maggio del 2002. A luglio fu costretto a confessare in televisione di fronte al giudice Zafarqandi e ad alcuni giornalisti che il governo si era preoccupato di istruire.
Quando uno di questi fece una domanda che non era stata prevista, Pourzand si rivolse al suo avvocato d’ufficio e chiese: «Questa non era nell’elenco, che cosa devo dire?». 
Tentò il suicidio una seconda volta nello stesso mese, cercando di impiccarsi con i suoi pantaloni. 
Scarcerato per alcune settimane in occasione dell’arrivo di una delegazione europea a Teheran, fu riportato in prigione pochi mesi dopo e costretto dal giudice Zafarqandi a firmare un libro scritto da altri.
Nel 2004 fu colpito da un secondo infarto, ma solo nel 2006 gli furono concessi gli arresti domiciliari. 
Quando Neda Soltan fu uccisa durante le proteste seguite alle elezioni del 2009, Pourzand disse a sua figlia Azadeh: «Hanno ucciso mia figlia». 
Il regime non ha voluto che il suo corpo fosse sepolto nel cimitero degli artisti, come aveva chiesto la famiglia, perché il suicidio viola i dettami dell’Islam. Ai familiari e agli amici è stata anche negata la possibilità di parlare al suo funerale. 
Metà del pubblico che ha partecipato alla cerimonia era formato da agenti dei servizi segreti.
La notizia della morte di Siamak Pourzand, avvenuta il 29 aprile, è arrivata soltanto in questi giorni all’attenzione della stampa mondiale, grazie agli sforzi delle figlie. 

Questa è la lettera che Azhed Pourzand ha scritto al padre tre giorni dopo la sua morte.

Davvero? Ti sei buttato dalla stessa finestra da cui ti affacciavi ogni giorno a immaginare il nostro ritorno? 
Quando venni a trovarti brevemente cinque anni fa con l’intelligence che non mi perdeva mai di vista, mi prendesti la mano, mi portasti a quella stessa finestra, mi mostrasti una scuola elementare dall’altra parte della strada e mi dicesti «È una scuola di bambine. Le senti mentre giocano con i loro veli? La mia piccola Azadeh è ancora tra loro. Sei sempre lì, a giocare nel cortile. Mi sveglio tutti i giorni e ascolto la loro cerimonia mattutina immaginando la mia piccola farfalla, Azi, tra loro». Poi ci mettemmo ad ascoltare e guardarle giocare e urlare nel cortile. Poi mi facesti promettere che un giorno anch’io avrei portato un bambino in questo mondo. Mi promettesti che saresti rimasto vivo finché non sarei entrata a Harvard, avessi scritto la nostra storia, avuto una bellissima famiglia e ti avrei portato un nipotino con cui giocare così non saresti stato più solo e non ti saresti più annoiato. Allora ci siamo messi a ridere e io ti ho detto: «Papà, lo chiamerò Siamak». E abbiamo sorriso. «Ma ora è troppo presto per pensare a queste cose», mi dicesti «voglio soltanto che tu sappia che non vedo l’ora di vedere il piccolo bambino di Azadeh e che aspetterò fino a quel giorno, se Dio vorrà, e mi manterrò in salute finché non saremo di nuovo insieme».
Che cos’è successo, Siamak Pourzand? 
Mi avevi promesso che avresti aspettato su quel balcone. 
E poi non hai potuto aspettare più. 
Non ti biasimo, nemmeno per un secondo. Avevi tutto il diritto di cercare la libertà in questo modo. […] Ho sentito che ti sei aggrappato al balcone per un secondo prima di lasciarti cadere. Era perché te n’eri pentito? O perché per un secondo, mi hai sentito bussare alla porta? Il pensiero di te aggrappato per un secondo a quel balcone mi sta uccidendo. Mi manchi così tanto, papà. Mi sei mancato per anni. Ma almeno potevo prendere il telefono e sentire la tua voce. E adesso? Chi mi chiamerà per lasciarmi quei buffi messaggi tutti i giorni? Chi? Davvero te ne sei andato per sempre? 
Nonposso crederci. 
È successo davvero? Davvero ti sei buttato da quella finestra? Che cos’hai pensato mentre cadevi dal sesto piano fino al momento in cui la terra ha colpito la tua testa?
Hai pensato a noi? 
Mi hai mandato un bacio d’addio? 
Mi sembra di avere sentito qualcosa sulla mia guancia quella notte. 
Eri tu? Dimmi che eri tu.

giovedì 12 maggio 2011

IL DEPUTATO SABATINO ARACU IN AZIONE



Questo signore seduto su uno scranno della Camera dei Deputati intento a giocare con un video game è il deputato del PDL Sabatino Aracu, Per saperne di più sul suo conto questo è il profilo tracciato da Wikipedia.

Dal 14 luglio 2008 il Deputato della Repubblica Sabatino Aracu è indagato nell'ambito dell'inchiesta Sanitopoli con le accuse di associazione per delinquere finalizzata a deviare e condizionare l’attività amministrativa della Regione Abruzzo in campo sanitario, di abuso, truffa, concussione continuata e di peculato.
Sabatino Aracu è stato presidente del Comitato Organizzatore dei XVI Giochi del Mediterraneo, che si sono svolti a Pescara dal 26 giugno al 5 luglio 2009. Si è dimesso dall'incarico nel maggio 2009 e nel dicembre 2008, Mario Pescante era stato nominato commissario straordinario dal Governo Berlusconi, al fine di portare a termine l'organizzazione dell'evento.
Il 4 novembre 2009 il Giudice per le Indagini Preliminari ha rifiutato la richiesta di carcerazione ma ha disposto il sequestro di una villa al centro di Pescara e quattro dipinti in quanto potrebbero essere frutto delle tangenti ricevute dall'imprenditore della sanità abruzzese Enzo Angelini. Nello stesso mese il PM ha richiesto per Sabatino Aracu il rinvio a giudizio.


Sicuramente sino al termine dei giudizi citati il deputato Sabatino Aracu è innocente ma rimane il fatto che gli elettori abruzzesi hanno mandato come rappresentante alla Camera dei Deputati un giocatore di video games.

lunedì 2 maggio 2011

IL PAPISTA FAUSTO BERTINOTTI ALLA FESTA DEL DOGMA


Il pezzo che segue è stato diffuso dalla FIAMC, che è un'Associazione di Medici Cattolici, per sostenere la veridicità del miracolo effettuato dal papa Giovanni Paolo II e che gli avrebbe permesso di essere beatificato a tempo di record.
Il virgolettato delle  affermazioni del dottor Josè Maria Simon rappresenta un bell'esempio di dogma ideologico.



Ognuno può credere ciò che vuole ma io mi domando come sia ancora possibile truffare la coscienza della gente con quella che è un'espressione della peggiore superstizione medioevale e soprattutto mi domando cosa ci facesse li a San Pietro, invece di stare a San Giovanni,  Fausto Bertinotti, Presidente della Fondazione della Camera dei Deputati e grande elettore di Nichi Vendola, il catto-comunista del nuovo corso e di fatto - insieme al comico Antonio Di Pietro - affondatore del PD.
Abbiamo saputo che Fausto Bertinotti era stato invitato da Gli Eventi di Elea, un organismo dell' Opus Dei, a partecipare ad  “Un primo maggio speciale - Giovanni Paolo II Beatificato nel giorno della festa del lavoro”. L'invito riportava proprio queste parole!
 

Questo è il pezzo diffuso dalla FIAMC :
Il presidente della Federazione Internazionale di Associazioni di Medici cattolici (Fiamc) il dottor José Maria Simon (nella foto sopra) ha dichiarato che le critiche al miracolo di Giovanni Paolo II sulla religiosa francese suor Marie Simon Pierre sono “offensive” per i medici che fecero la diagnosi della malattia. 
In questo senso il dottor Simon, in un’intervista a Europa Press, ha appoggiato la veridicità del miracolo perché, ha spiegato “dal Parkinson non si guarisce”; e nel caso della suora chiamata Marie Simon Pierre “c’è stata guarigione”, un elemento “che non ha spiegazioni naturali”. “E’ sicuro che esiste il Parkinsonismo, forme assimilabili al Parkinson che possono acquisirsi a volte, però la grande differenza fra Parkinsonismo e Parkinson è che il primo non è unilaterale come la malattia del Parkinson”. Così, per esempio Giovanni Paolo II “aveva la parte sinistra del corpo molto più paralizzata della destra, perché poteva benedire con la destra e dar la mano, mentre con la sinistra non poteva”. I miracoli in ogni processo di beatificazione “sono studiati da una commissione medica” che “verifica se si tratta o no di una guarigione naturale” e in questo senso “quelli che amano la Chiesa non interessa servirla male”. “Non diremmo che si tratta di una cosa straordinaria se avesse una spiegazione naturale perché dobbiamo proteggere la nostra istituzione e il suo prestigio”. E d’altronde “chi non vuole credere, anche se resusciti un morto, non crede”. Secondo il dott. Simon la religiosa, che cominciò a notare i primi sintomi nel 1988 e che ebbe la diagnosi di Parkinson giovanile nel 1991, fu guarita “inspiegabilmente” per intercessione di Giovanni Paolo II il 2 giugno 2005, dopo che tutta la sua comunità cominciò a pregare per lei".