Il confronto genera conoscenza, libertà e democrazia. L'indifferenza e l'ignoranza generano corruzione e malgoverno. Il dogma e il pregiudizio ideologico generano integralismo e conflitti.

domenica 27 febbraio 2011

SOMALIA. UNA GUERRA DIMENTICATA

QUANDO IL PACIFISMO NON DA' RITORNI DI IMMAGINE
Si chiamano Ḥarakat ash-Shabāb al-Mujāhidīn o più semplicemente Shabab, sono meno conosciuti ma non meno truculenti e pericolosi dei più famosi taliban, con i quali sono accomunati dall'ignoranza fondamentalista e dall'odio per l'occidente - Stati Uniti ed Israele in primis - e forse per questo motivo in Italia sono identificati dai pacifisti e da fazioni dell'estremismo di destra e di sinistra come paladini della libertà.
Dal 1993 la Somalia è letteralmente allo sbando, squartata politicamente e geograficamente, senza un'autorità governativa credibile e con gran parte dei territori del sud sottoposti ad una Sharia violenta e repressiva
In Somalia è presente dal 2007 un contingente militare dell'Unione Africana - l'Amisom: African Mission in Somalia - che non sembra in grado non solo di  porre fine alla sanguinosa guerra in corso ma non è neppure in grado di arginarne la violenza e mitigare le disperate condizioni subumane in cui da ormai quasi venti anni vive l'intera popolazione somala. Il fondamentalismo islamico, come già è avvenuto nell'Afghanistan dei taliban, ha generato miseria ed orrore demolendo ogni struttura civile e amministrativa e provocando un esodo verso il Kenya che sta creando notevoli problemi e disagi lungo le città di confine, da cui affluiscono cellule dormienti di  Shabab sparse ormai in tutto il Kenya, dove controllano varie attività illegali.

La settimana scorsa ho raggiunto Mandera, in Kenya, al confine con la Somalia, a bordo di un aereo dei Flyng Doctors messo a disposizione dall'AMREF che ha supportato me e Pietro Del Re de La Repubblica nella realizzazione di un documentario dedicato all'emergenza sanitaria africana.

Mandera è uno dei punti più caldi al confine con la Somalia, qui ha sede il campo profughi Border Point One che accoglie non meno di 8 mila profughi somali. A Mandera sono presenti consistenti reparti  delle Forze Armate kenyote ed è in vigore il coprifuoco, per spostarci abbiamo dovuto chiedere il permesso alle forze di sicurezza kenyote che ci hanno fornito una scorta; dopo poche ore ci hanno informato che dovevamo rientrare nel compound dove avevamo preso alloggio perché si era già diffusa la notizia che due bianchi giravano per la città a bordo di un pick up scortato da due soldati.
E qui, in questa fascia di terra di nessuno, due bianchi con telecamera che si muovono sotto scorta sono il logico prodotto per un rapimento.

Dopo due giorni, sabato il 19 febbraio 2011, siamo rientrati, sempre con il Cessna Caravan dell'AMREF, al Wilson Airport di Nairobi ed abbiamo casualmente assistito ad un'azione di medevac operato dai Flyng Doctors per riportare da Mogadishu dei feriti dell'UA (Unione Africana) ma non siamo riusciti a realizzare le riprese per l'aggressiva ostilità dei funzionari dell'UA presenti perché: "Somalia acuna matata" ossia "in Somalia va tutto bene, non succede niente, è tutto sotto controllo" e mentre furiosi dicevano questo c'era il sangue che grondava dalle barelle appena scaricate dal Cessna Citation.

Al nostro rientro in Italia abbiamo poi ricevuto da nostri contatti al Wilson Airport di Nairobi questa e mail.
"...si combatte anche molto a Mogadishu.
Da domenica (20 febbraio 2011)  abbiamo avuto una media di 4 voli al giorno per portare via i feriti.
Gli ospedali di Nairobi non hanno più la capacità per assorbire il numero di vittime e i voli di ieri hanno iniziato a portare i pazienti agli ospedali di Mombasa." 

In realtà notizie d'agenzia - quasi totalmente ignorate in Italia, forse perché la guerra in somalia non rende sotto il profilo mediatico - parlano di oltre 50 morti e, secondo testimoni oculari, nella sola Mogadiscio sono rimasti uccisi non meno di venti civili, intrappolati in mezzo al fuoco incrociato dei contendenti, mentre gli stessi guerriglieri islamici hanno mostrato in pubblico i cadaveri di cinque militari burundesi appartenuti all'Amisom .

Questa che segue è la traduzione di  un articolo di WALTER MENYA giornalista dell'Agenzia Nation Media di Nairobi.


 

Lo staff della croce rossa sfugge alla morte in un combattimento di frontiera.

Lo staff della croce rossa del Kenya di Mandera si è trovata sotto il tiro di armi da fuoco venerdì (il giorno dopo la nostra partenza da Mandera. n.d.r.), il terzo giorno della pesante lotta sul confine con Etiopia e Somalia.

Secondo Abbas Gullet, il segretario generale della KRCS (Kenya Red Cross Society), i loro uffici nella città di confine sono stati raggiunti da vari colpi.

Sei membri dello staff erano rifugiati lì in quel momento, ma il signor Gullet ha detto via radio che non ci sono state vittime nell'incidente: “Diversi colpi partiti dalla linea di confine hanno colpito gli uffici della Red Cross di Mandera, dove sei membri dello staff erano rifugiati, insieme a molti altri abitanti della città".

Il capo della KRCS, comunque, ha riferito che "...c'è stata una vittima portata già morta al primo punto di confine e 10 altre vittime sono state trasportate all'ospedale del distretto di Mandera".


“...i combattimenti sono cominciati alle dieci di stamattina (venerdì), e gli spari hanno sconvolto la città, portando residenti e rifugiati all'interno degli uffici”, ha detto.

Il signor Gullet ha raccontato che poteva sentire gli spari come sottofondo della chiamata con il coordinatore del gruppo KRCS di Mandera alle 3 del pomeriggio.

I combattimenti, ha aggiunto, hanno messo in pericolo le vite di lavoratori umanitari e di altri residenti della città di Mandera.

Abbiamo riportato quest'ultimo incidente al governo e speriamo che gli uffici della KRCS, che hanno anche una croce rossa sulla bandiera montata sul tetto, saranno protetti. L'emblema della croce rossa è un simbolo protetto dalla convenzione di Ginevra e tutte le parti di un conflitto sono tenute a rispettarlo” ha detto.

In un passato recente, e nella situazione attuale, KRCS e altre associazioni umanitarie hanno assistito la popolazione che fugge dai conflitti somali. Centinaia di rifugiati sono ora sparsi dalla parte keniota del confine, nonostante sia azzardato raccoglierli in campi fino alla fine del conflitto.

Il signor Gullet ha detto inoltre che il conflitto ha ritardato la risposta umanitaria così come i rifugiati che richiedono cibo e riparo non possono accedere a nessun aiuto sotto questa situazione diffusa.
Walter  Menya
(Con la collaborazione di Francesca Vinciguerra)

giovedì 24 febbraio 2011

FUORI DAL CORO DEGLI OCCIDENTALI NEMICI DELL'OCCIDENTE


Questo articolo di Giulio Meotti de Il Foglio rafforza quanto esposto nel post precedente.  
Credere che dopo le rivolte popolari in Nord Africa nasceranno delle democrazie laiche ed illuminate è come credere che Berlusconi stia lavorando per diventare - con il nome di SILVIO I - il prossimo papa riformatore della Chiesa Cattolica.

Dopo trent'anni d'esilio Qaradawi torna al Cairo: “Libereremo al Aqsa”
L'imam dei Fratelli Musulmani proclama: La rivoluzione continua.
In Egitto arrivano altri partiti islamici.


Avete vinto sul faraone ha proclamato il 18 febbraio lo sceicco Yusuf al Qaradawi ai due milioni di manifestanti raccolti in piazza Tahrir al Cairo. La Bbc ha commentato che ...c'erano più persone raccolte in preghiera nella piazza egiziana che in tutta la Mecca. Era la Marcia della Vittoria, a una settimana dalla caduta del regime egiziano. Versetti del corano hanno scandito il discorso di Qaradawi, guru dei Fratelli Musulmani. Il termine “faraone” fu usato per la prima volta dagli islamisti contro il presidente Anwar al Sadat, ucciso da un commando terroristico nel 1981 (Assassinio di un Faraone è anche il titolo di un film iraniano che celebra l'assassinio di Sadat ad opera dei fratelli Musulmani). Il 1981 fu l'anno in cui proprio Qaradawi fu bandito dall'Egitto: il regime di Mubarak da allora gli ha impedito di tenere sermoni nelle moschee, individuandolo come predicatore dell'odio.
Il celebre arabista Barry Rubin paragona il ritorno di Qaradawi al Cairo e quello dell'ayatollah Khomeini a Teheran: ...il 18 febbraio è un punto di svolta nella storia egiziana, dice Rubin.
Anche l'emittente al Arabija individua in Qaradawi la figura religiosa che finora era mancata alla rivoluzione egiziana.
Bandito dagli Stati Uniti, Qaradawi fa base a Doha, protetto dall'emirato del Qatar, dove è diventato una star di al Jazeera. l'emittente satellitare più seguita dalla popolazione araba.
Qaradawi è nato in Egitto e si racconta che prima di compiere dieci anni avesse già memorizzato il Corano. Di fatto rappresenta oggi la voce spirituale dei Fratelli Musulmani, la formazione islamista decisiva nel dopo Mubarak. Le sue idee lo resero inviso all'ex re egiziano Farouq, che nel 1949 lo condannò al carcere. Poi è stato imprigionato per altre tre volte da Nasser e, nel 1961, ha scelto l'esilio. ...la rivoluzione che voi giovani avete fatto il 25 gennaio non ha vinto solo su Mubarak ma anche sui ladri e sui truffatori che c'erano in Egitto, ha detto Qaradawi ieri in piazza Tahrir. ...la rivoluzione continua... Qaradawi ha poi proclamato: ...riusciremo a liberare Gerusalemme e a entrare in Palestina. Ho un sogno che è quello di tenere un sermone nella moschea di al Aqsa
L'imam Qaradawi ha appena invocato la nascita di un nuovo Egitto con una diversa filosofia e Costituzione. Il massimo esperto di Iran dell'Università di Stanford, Abbas Milani, ha detto che ...i Fratelli Musulmani vogliono creare un governo basato sulla Sharia. E infatti Muntaser al Zayyat, grande conoscitore dei movimenti religiosi egiziani, ieri ha confermato che ...presto si svilupperanno molti partiti islamici in Egitto. Sono note le fadwe di Qaradawi. Come quella che giustifica gli attacchi terroristici contro i civili israeliani. Il kamikaze che si fa saltare in un bar, in una strada, in un bus a Tel Aviv secondo Qaradawi è un vero martire... L'uccisione di americani è un obbligo, ha stabilito nel 2004 in piena guerra irachena. Per Qaradawi ...la libertà dev'essere al servizio dell'islam, mentre Europa ed America sono comunità di nudisti. Sugli omosessuali e la laicità Qaradawi ha detto che la società va mondata dagli elementi pervertiti, perché la laicità non è che ateismo e negazione dell'Islam.
Ieri al Cairo Qaradawi ha chiesto all'esercito di ...aprire le frontiere con la Striscia di Gaza. I Fratelli musulmani vogliono legittimare Hamas.
Rubin definisce Qaradawi ...un ideologo brillante ed innovativo, tatticamente flessibile e strategicamente sofisticato. Ancora più di Osama Bin Laden, Qaradawi per Rubin ha rivoluzionato l'islamismo. Qaradawi è stato decisivo nel legittimare le proteste al Cairo. Ha sancito che la partecipazione alle proteste è un dovere religioso, dato che Mubarak è ...un peccatore che uccide la propria gente. Ha stabilito che coloro che hanno perso la vita negli scontri sono martiri. Su al Jazeera si è augurato di morire uccidendo ebrei: Colpirò i nemici di Allah, gli ebrei, e loro mi lanceranno una bomba, e a quel punto finirò la mia vita con il martirio.
Giulio Meotti
(In redazione Francesca Vinciguerra)

mercoledì 23 febbraio 2011

IL DOGMA E' LA BASE DEL DERBY.


"Se il nostro avversario non crede alla rivelazione divina, non vi è più alcun mezzo di provare gli articoli di fede col ragionamento, ma solo di rispondere alle sue obiezioni – se ne ha – contro la fede".
Così scriveva San Tommaso D'Aquino nella sua Summa Theologiae.
Io che non sono un esperto di dottrine religiose interpreto così il concetto di dogma che normalmente sorregge il pregiudizio ed il fondamentalismo: "Visto che ci stiamo confrontando, per caso o per forza,  io  forse  ti ascolterò ma tu devi sapere che qualunque cosa dirai per sostenere la tua argomentazione hai torto perché io e solo io ho ragione!"
E' un po quello che succede durante i derby calcistici dove i tifosi odiano e disprezzano i sostenitori delle squadre avversarie a prescindere da ogni logica valutazione.
La storia, quella vera, quella che segna la vita dei popoli non è una partita di calcio né una lezione di catechismo, eppure il pregiudizio, il fondamentalismo ed il dogma riducono il confronto politico e la libera informazione alla sciocca vacuità di un derby calcistico.
Infatti il dogma e il fondamentalismo sono parenti stretti dell'indifferenza che a sua volta è l'espressione evidente di una paralisi dell'anima perché, eliminando il dubbio che è la spinta basilare dell'evoluzione del pensiero occidentale, il libero arbitrio viene incartato in una dimensione di morte prematura.
Non sto inoltrandomi in concetti religiosi, che ignoro e di cui tra l'altro non mi importa nulla, sto solo cercando di dire che  parlando in termini  politicamente scorretti esistono due categorie di individui : quellochecrede e quellochepensa.
Quellochecrede è schierato ciecamente da una parte - non è importante se di destra o di sinistra  - che gli somministra concetti precotti e proprio per questa dipendenza culturale ed incapacità di analisi e di giudizio è convinto di avere sempre ragione e per dimostrarlo è pronto anche ad atti infamanti come l'omicidio ed anche il genocidio.
Quellochepensa può anche trovarsi in posizione critica verso quelli che sono i valori fondanti del mondo in cui vive e che difende, perché è cosciente delle numerose inadempienze che ancora convivono nelle democrazie occidentali. Allo stesso tempo si rende anche conto che nonostante tutto le democrazie occidentali, spesso conquistate o imposte con le armi, sono le realtà in cui un essere umano se potesse scegliere a priori vorrebbe nascere e vivere e che proprio per questo vanno potenziate, difese ed esportate.

Il nocciolo duro delle democrazie occidentali è costituita dalla middle class o, se preferite, dalla borghesia che è di fatto inesistente in gran parte dei paesi islamici, nessuno dei quali è governato da una vera democrazia perché  esistono ancora forti preconcetti di casta e di censo. In Pakistan per esempio, dove esiste una middle class in crescita, laica e sempre più scolarizzata i taliban  distruggono le scuole femminili e colpiscono i loro insegnanti perché sanno che un individuo che pensa con il suo cervello - tanto più se una donna -  per il fondamentalismo è molto più pericoloso di un fucile puntato.
In occidente, ed in particolar modo in Italia, mentre parte del proletariato si identifica sempre più nei valori del sistema economico e sociale della borghesia - mirando a rafforzare attraverso il voto il concetto di democrazia  - esiste una parte di borghesi che disprezza ed avversa il mondo che permette loro di vivere secondo canoni di agiatezza e di libertà.
Queste persone - pur acculturate, laiche ed informate - spesso sono condizionate da inspiegabili pregiudizi ideologici
Di fronte all'ondata di ribellione che sta attraversando il Nord Africa questa parte dell'elettorato occidentale plaude in modo acritico ai rivoltosi che vede, giustamente, come combattenti per la libertà ignorando però il fatto che la miseria e l'ignoranza sono il terreno ideale per la crescita dell'integralismo religioso e che le possibilità che questi coraggiosi ribelli riescano ad instaurare nei loro paesi una democrazia vera sono praticamente nulle.
Il mondo islamico non ha mai smesso di sognare il Grande Califfato, dove il dogma religioso sottomette e condiziona pesantemente la vita civile privando l'individuo della libertà più importante, quella di pensare con la propria testa. Pertanto immaginare che l'integralismo islamico si faccia sfuggire di mano la grande opportunità di impossessarsi dell'Egitto, della Tunisia e della Libia e permetta la nascita di governi democratici è una sciocchezza a cui crede solo chi ha una visione preconfezionata della storia e non accetta la dura realtà delle cose.
Se tutti noi occidentali, forti  dei nostri valori di libertà e di giustizia ma anche come difensori coscienti dei nostri interessi, non sapremo governare l'ondata di rinnovamento che sta attraversando l'islam mediterraneo nei prossimi anni potremmo trovarci a rimpiangere dittatori del calibro di Mubarak e delinquenti psicolabili come Gheddafi.
(Antoine Khan)



sabato 5 febbraio 2011

COSE MAI SCRITTE

"...in pratica ci avevano teso una trappola. Sapevano già che noi saremmo andati lì e che cosa avremmo fatto, così hanno aspettato, magari nascosti nelle stesse case che noi avevamo visto da fuori senza entrare perché è vietato. Hanno il senso della guerra nel sangue e non hanno paura. Quando sembrava tutto a posto e ormai senza più tensione e stavamo tornando ai blindo hanno iniziato a spararci. Un fuoco da professionisti, brevi raffiche ma continue e soprattutto mirate e sparate da molti punti. Sparavano da dietro le case dove prima davanti c'erano gli abitanti del villaggio e noi ci siamo trovati tagliati fuori coperti da un muro di fango. Appena tiravamo fuori la testa arrivava una scarica di colpi. Il comandante era incredibilmente calmo mentre parlava per radio ma era chiaro che stavamo in una brutta posizione, ci ha detto di spostarci sulla sinistra, eravamo troppo ammucchiati. Ho seguito il muro, avevo il cuore che mi batteva forte ma non avevo paura. Ad un tratto il muro, che non sono mai dritti, è finito e poi c'era un altro muro non in linea e mi sono trovato nello spazio vuoto tra i due, allo scoperto, ho visto quattro di loro che avanzavano verso la posizione che avevo lasciato alla mia destra. Ci stavano accerchiando. Avevano l'RPG e stavano forse a meno di settanta metri da noi. E' durato tutto una frazione di tempo, anche loro hanno visto me e il mio compagno ed abbiamo sparato insieme, noi e loro. Quando ci ripenso mi sembra di vedere un film al rallentatore, invece è durato il tempo di sparare una ventina di colpi con la mia minimi; tre gli ho visti cadere e un quarto con il lancia razzi è scappato dietro le case. All'improvviso hanno tutti smesso di sparare per qualche secondo. Si sentivano delle grida concitate verso il luogo dove era scappato quello con il lanciarazzi. Vedevo chiaramente uno dei tre che avevamo colpito steso a terra, con la camicia bianca sporca di sangue, gli altri due li intravedevo, uno sembrava muoversi. Si sentivano dei lamenti. Poi ad un tratto hanno incominciato a suonare le chitarre dei Lince (le mitragliatrici Browning cal. 12,7 montate sui VTLM Lince. NdR). Un gran casino, la reazione è stata fortissima. Per me era la prima volta. Non avevo avuto paura, la sera ho dormito per la stanchezza ma ero agitato. Ho parlato con il Cappellano. Non racconto mai questa storia, è come un film in bianco e nero visto tanto tempo fa. Anche quel giorno non sono riusciti a fregarci. Ci hanno provato tantissime altre volte ma le hanno sempre prese. Molti di noi dicono che hanno fatto l'attentato con l'auto bomba perché con noi sul campo hanno sempre perso.Vuoi sapere se è cambiato qualche cosa? No. Ma a volte mi domando: perché io?"

COMMENTO DI RISPOSTA ALLE NUMEROSE EMAIL RICEVUTE
Ho ricevuto molte e mail discordanti su questo pezzo che è rimasto a lungo nel cassetto e che pubblico depurato di riferimenti. Il problema è sempre politico. I soldati fanno "anche" azioni umanitarie ma si deve accettare il fatto che il loro compito è un altro e che le missioni d pace sono "dentro" i conflitti. Nascondere che cosa fanno ed edulcorare le notizie, oltre ad essere l'esatto contrario del concetto di democrazia, è un atto di ipocrisia che non paga e soprattutto è un atto di viltà nei confronti dei soldati che operano su mandato del Parlamento e a volte ci lasciano la vita o rimangono feriti anche in modo grave. Molti soldati italiani hanno visto i loro colpi andare a segno ed altri esseri umani "cadere" e questi soldati hanno il diritto di sapere che la nazione capisce il gravoso significato morale del loro impegno. Non riconoscere questo significa accettare il fatto che il Parlamento considera i cittadini dei sudditi e che i cittadini a loro volta sono felici e soddisfatti di essere trattati come tali. La RAI - società pubblica pagata direttamente e indirettamente dai cittadini italiani per avere in cambio informazione e conoscenza - non ha una trasmissione dedicata a quello che avviene in Afghanistan e su come vivono e perché a volte muoiono i nostri ragazzi. Lo fa SKY una società straniera che trasmette in chiaro solo agli abbonati. Questo mi indigna ma mi fa capire molte cose.

mercoledì 2 febbraio 2011

RADIO SADA-e-AZADI WEST

Mentre sorvoli con l'elicottero il territorio a sud di Farah rimani colpito dal continuo susseguirsi di montagne aspre e sassose che si innalzano su ampie pianure desertiche. 
Intuisci la presenza dell'uomo dai solchi delle antiche carovaniere da cui si diramano flebili sentieri che, seguendoli con lo sguardo, ti fanno scoprire piccoli e rari agglomerati di case dello stesso colore del terreno, quasi invisibili già a poche centinaia di metri di quota.
Questi villaggi, che non sono segnati neppure sulle carte, rappresentano un mondo fermo, ormai incapace di sopravvivere secondo i suoi criteri millenari e reso inabile, dalla povertà e dall'ignoranza derivante dall'analfabetismo, ad organizzare un futuro diverso.
Solo il 5% della popolazione afghana è alfabetizzata e vive soprattutto nelle città e nei paesi più grandi che, con i loro sobborghi,  accolgono gran parte degli abitanti, stimati tra i 30 ed i 32 milioni. 

    
      Foto ©GIUSEPPE LAMI

Questo vuol dire che ci sono milioni di esseri umani totalmente abbandonati a se stessi, tagliati via da qualsiasi possibilità di sviluppo economico e sociale. Le costruzioni di fango in cui vivono sono prive di acqua, servizi igienici, fonti di energia e sono situate in un ambiente in cui la temperatura d'inverno scende sotto lo zero e d'estate raggiunge e spesso supera i 46 gradi.
In questi villaggi la popolazione vive in totale promiscuità, con pochissimi contatti con il mondo esterno ed i bambini subiscono abitualmente abusi sessuali.
Parlare della condizione delle donne è inutile: in questa realtà le donne non hanno una condizione!
Non esistono televisione, radio, telefono, internet, giornali, assistenza sanitaria e istruzione che aiutino a superare i limiti oppressivi e spesso crudeli della sharia, la legge sacra dell'islam, interpretata qui secondo schemi primitivi.
Questi villaggi sono i grandi vivai di manovalanza degli insorgenti così come il degrado urbano, la corruzione, l'ignoranza e la povertà costituiscono in certe zone del sud Italia l'ufficio di collocamento per la delinquenza organizzata.

   
     Foto ©GIUSEPPE LAMI

Per ISAF è essenziale creare canali di comunicazione con la popolazione di questi villaggi per conquistarne la fiducia e poterla coinvolgere nei numerosi progetti di sviluppo sociale ed economico in corso di attuazione da parte della comunità internazionale. 
Per questo motivo nel Regional Comand West è operativo uno speciale reparto dell'Esercito Italiano, il 28° Reggimento Comunicazione Operativa Pavia che, nonostante il nome, ha la sua sede a Pesaro.
Il Pavia è l'unico Reparto dell'Esercito e delle Forze Armate italiane specializzato nelle cosiddette "Comunicazioni  Operative" o PsyOps (Psycological operations) che si possono sintetizzare in tutte quelle azioni che permettono di creare, consolidare o incrementare il consenso della popolazione locale.
Il volo su Vienna della Pattuglia Serenissima di Gabriele D'Annunzio, con il famoso lancio di volantini, o le trasmissioni di Radio Londra durante la Seconda Guerra Mondiale rappresentano due casi tipici e storici di PsyOps.
La task force del Pavia che ha base ad Herat è costituita da una trentina di soldati specializzati che per svolgere la loro attività utilizzano anche metodi solo apparentemente superati, come gli annunci a mezzo altoparlanti o, per raggiungere con facilità i villaggi più lontani, la disseminazione aerea di volantini.
In questo caso i tecnici del "Pavia" studiano il messaggio insieme a collaboratori afghani e preparano gli impianti digitali per la stampa che in base al concetto cash to work viene affidata a ditte locali. I messaggi stampati sono spesso realizzati con fumetti per superare il gap dell'analfabetismo e vengono concepiti in modo tale che sia ben chiaro per chi li riceve riconoscere la fonte che li ha generati. 
Per affrontare specifici argomenti il reggimento realizza anche spot televisivi e radiofonici che vengono messi in onda acquistando gli spazi dalle emittenti locali.
La mission del 28°Reggimento Pavia in Afghanistan è quella di sviluppare una positiva percezione della popolazione nei confronti del Governo Afghano e delle sue Forze Armate e spiegare il ruolo delle Forze ISAF ma anche di promuovere il processo di reintegrazione degli insorgenti che decidono di deporre le armi.
Ad aprile del 2010 il Regional PsyOps di Herat ha aperto una stazione radio - Radio Sada e Azadi West (La Voce della Libertà) - che trasmette un palinsesto di notizie, rubriche ed approfondimenti in dari e pashto, le lingue locali.
Radio Sada e Azadi West è parte del network radiofonico di ISAF che con le sue frequenze e l'integrazione con il web copre tutto il territorio afghano.
E' una radio dedicata all'informazione e all'intrattenimento con le rubriche inserite in un palinsesto dove la musica afghana e dell'area asiatica  rappresenta attualmente il 60% del clock.
La gestione tecnica ed operativa è affidata ai militari italiani del Pavia, tra cui elementi della Riserva specializzati in comunicazione, mentre i giornalisti sono tutti afghani e parlano correttamente l'inglese.
Nelle trasmissioni vengono naturalmente illustrati i successi delle Forze di Sicurezza Afghane contro il narcotraffico e gli insorgenti, ma anche le iniziative del nostro contingente militare che spesso opera in sintonia con le ONG o con la cooperazione del nostro Ministero per gli Affari Esteri.
Per facilitare i contatti con le popolazione che vive più lontana dai grandi centri abitati i soldati del Reggimento svolgono un'attività di Relations Building Items cioè la distribuzione di oggetti che aiutano a costruire relazioni  come quaderni, penne, opuscoli, borse e sacche, torce senza batterie, palloni da calcio e altri gadgets;  nel caso specifico della radio i Relations Building Items sono costituiti da migliaia e migliaia di radioline verdi che possono funzionare anche a energia solare o con una manovella che aziona una dinamo con la quale è possibile caricare anche la batteria di un cellulare.


Radio Sada e Azadi è seguitissima, sia per gli argomenti trattai (lo sport, la vita di personaggi famosi, la vita ed i diritti delle donne, la salute, il mondo dell'infanzia) sia per la qualità del segnale che per la professionalità con cui vengono trattate le informazioni. Inoltre le radioline distribuite dal Reggimento Pavia oltre che sulle FM possono essere sintonizzate sulle altre lunghezze d'onda permettendo così di ascoltare anche altre stazioni radio facilitando il processo di analisi e di critica, indispensabile per ottenere il consenso.

Anche questo è un modo per riportare l'Afghanistan nell'alveo della normalità.
Certo è difficile stabilire il significato ed i limiti di ciò che è normale, ma usando parole semplici, si potrebbe dire che le cose incomincino a diventare normali quando, come alternativa al terrore, alla violenza, al sopruso, all'ignoranza ed alla miseria, iniziano a sorgere nuove aziende (400 nella sola Herat) e quindi opportunità di lavoro, si aprono ospedali ed ambulatori ma anche banche e istituti per il credito al consumo, le automobili vengono targate, gli importatori iniziano a pagare le imposte doganali, i bambini e soprattutto le bambine vanno a scuola, è possibile incontrarsi al caffè e parlare di tutto, oppure farsi radere in un negozio di barbiere e comprare libri e giornali da leggere liberamente. La normalità ha inizio anche quando  le questioni vengono risolte nelle aule dei tribunali e non a colpi di AK47 o di pugnale e nascono le rappresentanze politiche e sindacali e la popolazione viene censita e dotata di documenti di identificazione.
Tutto questo per noi europei è normale al punto tale che ci siamo scordati del percorso con cui le abbiamo conquistate. 
Se poi in Afghanistan c'è una  minoranza che si oppone a questa normalizzazione con le armi ed il terrore e che viene contrastata dal governo legittimo anche con le armi qualcuno in Europa dice che l'Afghanistan è stato invaso da una coalizione di cattivi, dimenticando o ignorando che i cattivi sono intervenuti su un mandato dell'ONU.

Questa è naturalmente un'esemplificazione estrema ma sicuramente superiore alla conoscenza media che gli italiani - compresi molti parlamentari - hanno della situazione afghana.
A parziale attenuante di questa disinformazione si deve accettare il fatto che i nostri quotidiani più importanti ed i TG nazionali  dedicano pochi spazi striminziti e superficiali alla politica estera ed alle questioni internazionali.