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martedì 30 novembre 2010

PILLOLE DI SAGGEZZA

Ricevo da un mio caro amico questa parabola del Dalai Lama.

 


Hanno chiesto al Dalai Lama:
"Cosa l'ha sorpresa di più sull'umanità?" 
E lui ha risposto:
"Gli uomini, perché perdono la salute per fare i soldi e perdono i soldi per recuperare la salute. 
Perché pensano con tanta ansia al futuro che si dimenticano di vivere il presente, in tale maniera non riescono a vivere né il presente e neppure il futuro.
Perché vivono come se non dovessero morire mai e perché muoiono come se non avessero mai vissuto.
Perché vivono come poveri per poi morire ricchi."



sabato 13 novembre 2010

LE MOGLI AFGHANE TROVANO UN'ARDENTE VIA D'USCITA

Ricevo da Enrica Garzilli del Gruppo "AM_AfPak" questo articolo pubblicato il 7 novembre su The New York Times e dedicato alla triste realtà delle donne afghane di Herat, dove la  Cooperazione Italiana Allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, ha finanziato la costruzione dell'ospedale a cui si fa riferimento nel testo.
L'articolo è di Alissa Johannsen Rubin

La traduzione e l'adattamento di Francesca Vinciguerra

 

HERAT, Afghanistan  

Persino le famiglie più povere in Afghanistan hanno fiammiferi e combustibile per cucinare, combinazione che permette la vita, ma che  può anche diventare il mezzo per un'orribile via d'uscita: dalla povertà, dai matrimoni forzati, dall'abuso e dallo sconforto che spesso sono il destino delle donne afghane.

La notte prima di darsi fuoco Gul Zada portò i suoi figli a casa della sorella, per una festa in famiglia. Tutto sembrava andar bene. Più tardi venne fuori che lei non aveva comprato un regalo e che un parente l'aveva rimproverata per questo, dice suo figlio Juma Gul.

Apparentemente fu questa piccola situazione a farla crollare. Zama, che allora aveva 45 anni, madre di sei figli, e che guadagnava qualcosa pulendo piccole case, arrivò all'ospedale di Herat con ustioni su quasi il 60 % della superficie corporea. Sopravvivere è difficile, anche con il 40% del corpo sano.

Era bruciata dalla testa ai piedi.” Ricorda suo figlio.

Questo ospedale è l'unico centro medico in Afghanistan che tratta nello specifico vittime di ustioni, forma di suicidio comune in questa regione, anche perché gli strumenti per farlo sono così prontamente disponibili. Dai primi di ottobre di quest’anno 75 donne sono arrivate con ustioni - la maggior parte auto inflitte, altre che cercavano di apparire come tali – quasi il 30% in più dell'anno passato.

Ma i numeri raccontano meno delle storie delle pazienti.

Qui è motivo di vergogna ammettere che si hanno problemi all'interno della famiglia e spesso le  infermità mentali non sono diagnosticate o non vengono trattate.
Lo staff ospedaliero dice che probabilmente Zada soffriva di depressione. Le scelte per le donne afghane sono terribilmente limitate. La famiglia è la loro vita. Per loro ci sono pochissime possibilità di avere un’educazione o di scegliere chi dovranno sposare, ma nessuna possibilità di decidere il proprio ruolo all'interno della propria casa. Il loro compito primario è di servire il marito. Fuori da questo mondo sono delle emarginate.

Se scappi di casa puoi essere rapita, oppure messa in prigione e rimandata a casa. Allora cosa sarà di te?” si domanda Rachel Reid, una ricercatrice per Human Rights Watch, che si interessa  della violenza sulle donne. Le donne che tornano a casa vengono spesso picchiate o uccise per omicidi d'onore, poiché la famiglia teme che abbiano passato con un uomo il tempo in cui non erano accompagnate.  Le donne e le ragazze sono tuttora lapidate fino alla morte. Quelle che bruciano e sopravvivono sono condannate ad un'esistenza da Cenerentola, mentre i loro mariti sposano altre donne, donne sane.

La violenza sulle donne afghane viene da ovunque: dal padre, dal fratello, dal proprio marito, o dal suocero, dalla suocera o dalla cognata.” dice la dottoressa Shafiqa Eanin, chirurgo plastico all'ospedale di Herat, che normalmente ha dieci casi di donne ustionate per volta.

I più macabri casi di ustioni sono gli omicidi mascherati da suicidi, dicono i dottori, gli infermieri e coloro che si occupano di diritti umani.

Proprio ora abbiamo qui due donne a cui è stato dato fuoco dalle suocere e dai mariti.”, dice il dottor Arif Jalali, il capo chirurgo dell'ospedale.

I dottori citano recenti casi in cui le donne dopo essere state picchiate dai loro mariti o dai loro suoceri, hanno perso conoscenza, si sono svegliate all'ospedale e si sono ritrovate bruciate perché spinte a forza nel forno o sui fornelli.

Per un numero veramente piccolo di donne che sopravvivono alle ustioni, sia che se le siano inflitte da sole, sia che siano state loro provocate, l'esperienza è un tragico passaggio che le aiuta a cambiare vita. Alcune di loro collaborano con avvocati consigliati dall'ospedale e chiedono il divorzio. Altre no.

Avvilita e sfrontata
Fotografia di Lynsey Addario per The New York Times
Farzana, a sinistra, all'ospedale per ustioni di Herat con la madre. Lei si diede fuoco quando suo suocero la spinse  a farlo

Chiesta in moglie a 8 anni - e sposata a 12 - Farzana si dà fuoco dopo che suo suocero la sminuisce, dicendo che non avrebbe avuto il coraggio di farlo. Aveva 17 anni e da allora subisce abusi da suo marito e dalla sua famiglia.

Farzana, sentendosi avvilita con un atto di sfida va nel giardino e consegna sua figlia di nove mesi al marito, perché non veda la madre bruciare. Quindi si versa addosso il combustibile per cucinare.

Mi sentivo così triste, avevo tanto dolore nel mio cuore, ed ero così arrabbiata con mio marito e i suoi genitori che presi i fiammiferi e mi diedi fuoco.”

Quella di Farzana è la tipica storia di disperazione a cui conducono le angherie inflitte dai suoceri alle mogli dei loro figli. Le statistiche delle Nazioni Unite indicano che almeno il 45% delle donne afghane si sposano prima dei 18 anni; una larga percentuale prima dei 16. Molte ragazze sono date in moglie come pagamento di debiti, il che le condanna ad una vita di servitù e nella maggior parte dei casi di abusi.

Farzana era una brillante bambina che aveva sognato di diventare maestra, amando la poesia e il linguaggio di Dari. Ma venne promessa in matrimonio al figlio della famiglia che stava provvedendo a trovare una moglie per suo fratello e quando ebbe 12 anni i suoceri insistettero che era tempo di sposarsi. Il suo futuro marito aveva appena compiuto 14 anni.

Il giorno del matrimonio mi picchiò quando mi svegliai, e mi urlò contro.” racconta favoriva sempre sua madre, e usava brutte parole quando parlava di me.”

Il pestaggio andò avanti per quattro anni, poi il fratello di Farzana prese in sposa una seconda moglie, oltraggio per i genitori di suo marito. I maltrattamenti peggiorarono. Le impedirono di vedere sua madre e il maritò cominciò a picchiarla più spesso.

Ho pensato di fuggire di casa, ma poi mi son detta: cosa accadrebbe al nome della mia famiglia?” racconta ancora “Nessuna ha mai chiesto il divorzio, come potrei essere la prima?”.

I dottori e le infermiere dicono che specialmente nei casi che coinvolgono le ragazze più giovani, la sensazione di sentirsi in trappola e il desiderio di disonorare i propri mariti nell'ambito del loro controllo, fa esplodere la loro rabbia.

Questa è la verità di Farzana.

La cosa che mi ha convinto a darmi fuoco è stata l'affermazione di mio suocero: non hai il coraggio di farlo.” Continua.

Ma lo ha fatto, e quando le fiamme si sono spente il 58% per cento del suo corpo era ustionato. Quando un parente spinge a forza il suo corpo nella macchina, il marito dice: ”Se nessuno te lo chiede, non fare il mio nome. Dì che non c'entro niente”.

Dopo 57 giorni di ospedale e continui trapianti di pelle, Farzana è di nuovo a casa con sua madre e lacerata tra le tradizioni familiari e la sensazione che si ha bisogno di un nuovo modo di pensare.

La figlia di Farzana è cresciuta dalla famiglia del marito, madre e figlia non hanno il permesso di vedersi. Nonostante questo lei dice di non poter tornare indietro in casa del marito.

Ho passato cinque anni in quella casa, con quelle persone” dice “il mio matrimonio era per altri. Non avrebbero mai dovuto forzarmi in un matrimonio da bambina.”

Pensiero comune

Perché le donne si danno fuoco piuttosto che scegliere altre forme di suicidio?

Una ragione è la povertà, spiega il dottor Jalali. Molte donne, sbagliando, pensano che la morte sia istantanea. Halima, di 20 anni, paziente nell'ospedale in agosto, racconta di aver considerato l'ipotesi di gettarsi dal tetto, ma era preoccupata di riuscire solo a rompersi una gamba. Se si fosse data fuoco invece “sarebbe tutto finito”.

Questo tipo di suicidio è più comune ad Herat e nell'Afghanistan occidentale che in altre parti del paese. La vicinanza dell'area all'Iran forse può spiegarne il motivo. In Iran infatti è molto diffuso questo tipo di suicidio.

Diversamente da altre donne ricoverate nell'ospedale, Zada non mostrava segni esteriori di depressione prima di darsi fuoco. La sua vita, comunque, era difficile. Suo marito è un mezzadro. Durante il giorno lei puliva le abitazioni altrui e la notte rimaneva sveglia per pulire la propria, lavoro quasi impossibile nelle due misere camere di terra e mattoni sferzate dai venti di Herat, che portano un nuovo strato di polvere ad ogni aprire di porta.

Per la famiglia, lei doveva provvedere a tutto, costantemente. “Prima di poter solo pensare di volere qualcosa, lei me l'aveva già procurata.” ricorda Juma Gul, suo figlio più anziano, di 32 anni, lavoratore che guadagna all'incirca $140 al mese. “Cuciva i nostri vestiti cosicché non pensassimo di averne meno di altri.

Mentre parla, le sue due sorelle gemelle di 10 anni sono sedute accanto a lui con in mano una foto della loro madre.

All'ospedale in un primo momento Zada aveva dato segno di riprendersi, e Juma era incoraggiato, ignaro di quanto potesse esser difficile sopravvivere con ustioni così estese. Questo è vero soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dice il dottor Robert Sheridan, principale della chirurgia allo Shriners Burn Hospital di Boston e chirurgo traumatologo al Massachusetts General Hospital.

Il rischio più grande è la sepsi, un'infezione mortale che spesso comincia dalla seconda settimana dopo l'ustione, ed è difficile da fermare, dice il dottor Sheridan. Anche gli ustionati peggiori e i pazienti infetti possono parlare nell'ora vicina alla loro morte, e questo dà false speranze ai parenti.

Lei stava migliorando” insiste suo figlio.

Ma l'infezione infatti era penetrata, e la famiglia non aveva il denaro per antibiotici più potenti che le potessero garantire anche la più piccola speranza di sopravvivenza. Juma Gul infine pensò di poter raccattare il denaro mendicando, ma non prima che l'infezione si propagasse.
Due settimane dopo che sua madre si era data alle fiamme, Juma  era al suo fianco quando lei smise di respirare.