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sabato 4 settembre 2010

A PROPOSITO DI LAPIDAZIONE


La triste storia della lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani ha brevemente acceso l'attenzione dei media sul modo con cui in alcuni paesi islamici viene concepita la legge ma soprattutto sulla considerazione che la donna ha all'interno di quelle società governate da logiche totalmente opposte a quelle delle democrazie occidentali.
Il caso di Sakineh non è un caso isolato è solo "uno" degli innumerevoli casi giunto all'attenzione della stampa internazionale.

L'Occidente dopo un lungo percorso durato secoli cita per la prima volta i Diritti Elementari dell'Uomo nella Dichiarazione D'indipendenza degli Stati uniti nel 1776; venti tre anni dopo, nel 1789, sarà la Rivoluzione Francese a diffondere questi valori in Europa per giungere nel 1948 alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sottoscritta dall'Assemblea delle Nazioni Unite.

Dopo oltre due secoli anche l'Islam nel 1979 diffonde, attraverso l'Organismo della Conferenza Islamica, un documento pressoché sconosciuto e comunque disatteso in cui prende in esame i diritti e i doveri fondamentali dell'Uomo, ma non in quanto tale ma solo in riferimento alla religione islamica!


Negli ultimi anni altri organismi islamici su pressione dell'occidente hanno cercato di formulare un modello islamico dei diritti dell'uomo che non ha modificato la sostanziale differenza tra la concezione  dell'uomo nelle democrazie occidentali e quella islamica totalmente condizionata da contenuti di natura religiosa che conducono sempre a plateali azioni di giustizialismo barbaro e crudele, come appunto la lapidazione.

Nel mondo islamico la legge, Shar'ia, è la Legge di Dio e come tale regola e governa tutte le cose dell'uomo. E' facile capire che con queste premesse il concetto occidentale di "diritto" entra in totale collisione.
Le fonti della Shari'a sono il Corano e gli editti del Profeta (Sunna) e come tali non modificabili; in pratica la Shari'a non è modificabile e chi prova a modificarla è reo di offesa ad Allah.

In questa incongruenza è il limite ma anche la grande forza espansionistica del dogma islamico.

Il Diritto occidentale, che è bene ricordare deriva dal diritto romano,  pur avendo dei riferimenti precisi e  immutabili si è modificato nel corso dei secoli adattandosi ai costumi dell'uomo e modificando il concetto di morale corrente, a riguardo basterebbe citare la fine del delitto d'onore, sparito dal nostro Codice Penale solo nel 1981, ma comunque sparito!

La Shari'a tra le varie punizioni spesso concepite secondo la legge del taglione, prevede la pena di morte in quattro casi: omicidio ingiusto, adulterio, apostasia, bestemmia contro Allah e in alcuni paesi ciò vale anche per l'omosessualità, anche se quest'ultimo caso rappresenta un'ulteriore discrepanza con la legge coranica, perché chi ha avuto occasione di vivere in un paese governato dalla Shari'a sa quanto sia diffusa l'omosessualità e la pedofilia spesso senza neppure il pudore della riservatezza.

In questo contesto appare in tutta la sua tragica realtà la condizione della donna nel mondo musulmano e delle sofferenze che nascono da un ruolo di totale sottomissione fisica e psichica all'uomo come stato di cose naturali; sottomissione che si esprime in molti modi, attraverso il velo o le brutali mutilazioni con cui, con un aberrante senso della morale religiosa, si sopprime la libertà ed il piacere sessuale femminile .

Ad Herat ho avuto occasione di visitare il carcere femminile costruito dal PRT (Provincial Rencostruction Team) della Brigata Taurinense, dove molte delle 120 donne ospitate erano li perché condannate a 4 anni per adulterio o a due anni per avere bevuto una birra!
Anche l'abbandono dal marito per sfuggire alle violenze è considerato adulterio. Le adultere o le bevitrici di birra carcerate di Herat considerano il carcere una fortuna! E non solo perché imparano un lavoro e migliorano la loro cultura avendo con se i figli, ma perché vivono in un ambiente pulito dove è assicurato il vitto e dove soprattutto sono salve dalla crudeltà della Shari'a.
A poca distanza c'è un ospedale, anche questo costruito con i fondi italiani, questa volta della Cooperazione del nostro Ministero degli Esteri.
In questo ospedale ci sono molte donne assai meno fortunate di quelle che sono finite in carcere;
quelle che si sono salvate dalla lapidazione sono state sfregiate dai mariti che nel momento che le hanno ripudiate (perché ormai vecchie o perché si sono ribellate alla violenza domestica) per sancire il loro potere hanno brutalmente deturpato il loro corpo.
Nessun uomo ci risulta finisca in carcere per questo nei paesi islamici.
Molti studiosi sono convinti che la fine espansionistica dell'islam finirà a causa delle donne, le più pronte ad intuire i cambiamenti e battersi affinché avvengano.
(A.T.)

















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